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Quasi due giorni per attraversare i due chilometri che li separavano dalla frontiera. Poi finalmente il territorio polacco e il via libera per tornare in Italia. Un viaggio di tre giorni per arrivare a Verona, riabbracciare i genitori e restare lontani dall’Ucraina, dai missili e dall’orrore della guerra.
Gianmarco Ferrioli ora è al sicuro, nel quartiere di Madonna di Campagna dove è cresciuto, in compagnia dei genitori e di sua moglie Natalia. «Lei è ucraina, ci siamo sposati tre anni fa e da due anni avevamo deciso di trasferirci nella sua terra d’origine». Una scelta di vita, Gianmarco decide di cambiare tutto e mollare anche un lavoro sicuro come quello in ferrovia.
Nuova vita. «Ero capotreno ma volevo cambiare, con Natalia abbiamo deciso di avviare un’attività sul turismo visto che l’Ucraina è piena di posti molti belli ma ancora poco conosciuti», racconta il quarantaduenne veronese, «purtroppo abbiamo iniziato in piena pandemia e allora ci siamo concentrati sulla rappresentanza di prodotti alimentari, ci occupiamo di sviluppare il mercato, il marketing e tutto il resto. Ci siamo trasferiti a Rivne, tra Kiev che è la capitale e Leopoli, che è invece il centro culturale del Paese».
Attacco a sorpresa. Con una vita tranquilla e tanti progetti da sviluppare, almeno fino a pochi giorni fa, quando Putin ha dato il via all’azione di guerra contro l’Ucraina. «Siamo stati tutti sorpresi, sulla possibilità della guerra addirittura ci scherzavamo, nessuno se lo aspettava», commenta Gianmarco mentre sta guidando in attesa di rientrare a Verona e riabbracciare i suoi genitori, «poco dopo l’inizio dei bombardamenti ai centri militari gli attacchi si sono avvicinati anche a noi, quando sono arrivare le prime bombe abbiamo deciso di prendere la macchina e partire. Abbiamo caricato tutto quello che c’era in frigo nelle borse e abbiamo fatto in fretta una valigia con qualche vestito, poi via dritti verso la frontiera».
Orgoglio senza fine. Al confine della Polonia per poi fare rotta sull’Italia. «Eravamo vicini ma la coda era lunghissima, per fare due chilometri ci abbiamo messo quasi due giorni, dormendo in macchina e mangiando quello che ci eravamo portati dietro, adesso che i chilometri di coda sono almeno quaranta o cinquanta non posso nemmeno immaginare quanto dovranno aspettare le persone per uscire dall’Ucraina, fermi in colonna senza sapere che cosa sarà di loro, quando potranno passare».
Con immagini impossibili da dimenticare. «Alla frontiera ho visto una solidarietà incredibile, bambini e mamme fatti passare per cercare di metterli in salvo, era straziante vedere i papà che salutavano i loro figli prima di andare a prendere le armi e tornare a combattere. Qualcosa di incredibile, li guardavo e immaginavo fossero degli spartani, sono eroi», la commozione è dietro l’angolo.
Aiutare anche da qui. «Mi faceva venire i brividi vedere tutta quella solidarietà, quella voglia di aiutarsi reciproca con le persone che si stringono l’una all’altra nel momento di difficoltà», continua il quarantaduenne di Madonna di Campagna. Con l’idea però di tornare in Ucraina il prima possibile. «Là abbiamo il nostro lavoro che deve continuare, speriamo di poter rientrare presto. Intanto vogliamo cercare di aiutare da qui, lavorando per attività umanitarie come l’organizzazione di pulmini per recuperare le persone in fuga e altro ancora, vogliamo fare il possibile per dare una mano».
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