Pannelli solari e auto elettriche: il Laos punta alla neutralità carbonica ma prima deve salvare il Mekong dalla plastica- Corriere.it

2022-05-20 19:05:14 By : Mr. Kelvin Zheng

I colori del Laos sono il verde delle sue foreste e l’ocra del Mekong, il fiume che lo attraversa da nord a sud e ne rappresenta l’arteria vitale. Legno e acqua: due elementi naturali senza i quali il Paese non potrebbe esistere. Insieme alle altre risorse - Sole e terra (intesa come area arabile e ricchezze del sottosuolo) - questa repubblica arrampicata sulle pendici che a settentrione conducono verso il Tibet, povera e perennemente in via di sviluppo, ha deciso di incamminarsi in un percorso virtuoso di crescita circolare , in armonia con l’ambiente e capace di raggiungere “zero emissioni” entro il 2050. Non crediate che gli obiettivi liberamente fatti propri dal governo di Vientiane siano facili da raggiungere perché, in fondo, a porseli è una nazione che non ha un’economia industriale : il Pil (2020) supera di poco i 18 miliardi di euro, con un reddito pro capite dei sette milioni di abitanti pari a circa 7.800 dollari.

Il primo Paese del Sud Est Asiatico a ratificare gli Accordi di Parigi sul clima ha stilato un piano ambizioso per abbattere oltre la metà delle emissioni con alberi ed energia pulita. Ma la sua “autostrada acquatica”, che fornisce cibo, lavoro e collegamenti a 60 milioni di persone, è messa a rischio da siccità e inquinamento

Una squadra impegnata ne l’installazione di pannelli solari nei villaggi del Laos, in risposta al piano del governo per le rinnovabili (foto Asian Development Bank)

Siamo indietro. Ed è giusto considerare che i laotiani hanno ancora molta strada da fare per uscire da una produzione di sussistenza ( il 70 per cento delle famiglie fino a non molto tempo fa coltivava il riso sufficiente al proprio sostentamento e pochi avevano risorse, anche in denaro, per altro ). Questo è il motivo per cui le scelte del primo ministro Phankham Viphavanh hanno maggior valore e sono tali da fornire un esempio non solo e non tanto agli Stati che lottano per uscire dalla povertà (e nel farlo non si curano di prendere scorciatoie poco rispettose degli equilibri ecologici) ma anche per i “primi della classe”, quel pugno di società ormai mature che hanno fatto propri gli impegni alla riconversione delle loro economie ma, alla prova dei fatti, continuano a inquinare oltre i limiti da loro stesse accettati.

ALBERI - IL GOVERNO DEL LAOS PUNTA A RIFORESTARE IL 70 % DEL TERRITORIO PER RIDURRE LE EMISSIONI DEL 60% ENTRO FINE DECENNIO

Contadini laotiani: oltre il 60 per cento della popolazione vive in aree rurali

Il Laos, certifica un rapporto del’Undp (l’Agenzia dell’Onu per lo sviluppo sostenibile), già nel 2015 aveva inquadrato gli impegni per una crescita ecologicamente rispettosa in un programma di investimenti nella produzione di energia rinnovabile, nella riforestazione e nel riciclo . Nel 2016, e cioè soltanto un anno più tardi, ecco la ratifica degli Accordi di Parigi sul clima, primo Paese del Sud-Est asiatico a recepire nella propria legislazione l’azione per il clima. Qualche numero, giusto per mettere nero su bianco il lavoro del governo di Vientiane: entro la fine di questa decade, l’obiettivo è di ricoprire di foreste il 70 per cento del territorio; con il proposito di ridurre del 60 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030; ecco il progetto per incrementare la produzione di energia attraverso le rinnovabili (il Laos ha già una capacità idroelettrica pari a 13 Gw totali, più un Gw per solare ed eolica) ; e infine nel programma c’è anche la trasformazione del trasporto pubblico (e privato, per quanto ancora limitato) arrivando a un 30 per cento di veicoli elettrici ma a una più ampia capacità di movimento in comune (sharing) .

Abitanti, natura e un battito di ciglia

Il governo, come abbiamo detto, intende raggiungere le emissioni zero - ovvero, come si dice oggi internazionalmente, carbon neutral - entro il 2050. Una data lontana? Meno di trent’anni, rapportati a politiche nazionali di sviluppo e sfruttamento del territorio, sono quasi un battito di ciglia . Pensando alle ere geologiche, potremmo addirittura dire “un istante”.Questi sono gli aspetti positivi che riguardano la volontà dei laotiani di crescere nel rispetto per l’ambiente, una necessità vitale nel Sud-Est asiatico, un’area del mondo dipendente dai cicli monsonici e quindi molto sensibile ai cambiamenti climatici: un ritardo nelle piogge, o al contrario, un eccesso di precipitazioni, possono compromettere i raccolti, e ridurre in miseria milioni di persone . Anche l’intervento dell’uomo, naturalmente, fa la sua parte. Basti pensare alla vicina Cambogia, dove il popolo delle palafitte del lago Tonle Sap, dipendente dai cicli delle acque per la pesca (nella stagione umida i loro villaggi sono completamente allagati), rischiano di rimanere senza mezzi di sostentamento: per via dei cambiamenti climatici che allontanano sempre di più i monsoni uniti, questi, alle opere idrauliche realizzate negli ultimi anni (fondamentalmente dighe e canali di irrigazione) che riducono ancor più la portata degli immissari.

MINACCIATO DALLA PLASTICA MONOUSO, IL MEKONG È ANCHE A RISCHIO A CAUSA DELLE TROPPE DIGHE CHE NE RALLENTANO IL FLUSSO

La diga Nam Theun, con la più grande centrale idroelettrica del Paese che ha una portata di 1.070 megawatt: costruita sul fiume Nam Theun, affluente del Mekong

L’isolamento e il ritardo nello sviluppo

Questioni che per il Laos si fanno ancora più urgenti considerata la sua storia e la sua geografia: in ritardo sullo sviluppo per via del suo isolamento e della natura del suo territorio, privo di sbocchi al mare, finora il Paese ha contato sulla capacità del Mekong, fiume maestoso che fornisce linfa vitale ad almeno 60 milioni di persone lungo le sue sponde, di “regalare” le risorse necessarie - acqua, pesca, spostamenti - ai laotiani. E qui sorgono i problemi. Perché l’autostrada liquida che ha fatto da sfondo a film capolavoro come Apocalypse Now è ora in grave pericolo . Non soltanto per le dighe che sono state costruite (dai cinesi) a monte, diminuendo drasticamente la sua capienza, ma anche per gli scarichi urbani e agricoli che ne alterano la purezza. A livello nazionale dobbiamo aggiungere tonnellate e tonnellate di residui della plastica che per i laotiani è, da alcuni anni, il segno eminente del superamento della povertà : in un rapporto della Banca Mondiale si evidenzia come il 95 per cento degli scarti di plastica in sei città arriva da dieci oggetti monouso, dei quali i sacchetti e le confezioni alimentari rappresentano, da soli, la metà .

Qual è il problema? Lo smaltimento. Le discariche sono poche e dunque, per lo più, si ricorre a rimedi poco ecologici: sotterramento e estinzione attraverso il fuoco dei rifiuti. Il governo sa bene che tutti gli altri sforzi per crescere rispettosi dell’ambiente saranno vanificati da un inquinamento parcellizzato che arriva da bottiglie e piatti di plastica. Dunque, con l’aiuto della World Bank, e anche di SwitchAsia, programma dell’Unione europea per il cambiamento dedicato ai Paesi in via di sviluppo, il governo di Vientiane ha inserito la conversione della plastica monouso in oggetti biodegradabili o riciclabili , spiega, in un’intervista a Modern Diplomacy , Alex Kremer, il responsabile per il Laos dell’istituzione finanziaria internazionale. Nessun Paese al mondo, grande o piccolo, ricco o povero, ha le chiavi per costruire, da solo, un modello che permetta di far crescere l’economia, e il benessere dei cittadini, senza intaccare risorse e ambiente.

LE RISPOSTE DI CINA E INDIA A CHI SOLLECITA IL LORO IMPEGNO PER L’AMBIENTE: «IL PRIMO MONDO HA INQUINATO PER DECENNI SENZA PORSI PROBLEMI. ORA VOLETE METTERE UN FRENO ALLE NOSTRE ECONOMIE: NOI NON POSSIAMO PERMETTERCELO»

Cascate e ponti sul fiume Mekong nel tratto che attraversa il Laos

Ne sono la prova le risposte di Paesi come Cina e India (oltre un terzo della popolazione mondiale) alle sollecitazioni della comunità internazionale alle prese con la necessità di “salvare il pianeta”: in nome dello sviluppo - è in sostanza la posizione di Pechino e New Delhi - il primo mondo ha inquinato per decenni senza porsi problemi. Ora volete mettere un freno alle nostre economie: noi non possiamo permettercelo. In verità, ed è forse questo il messaggio che occorre sottolineare, i nostri errori non possono essere una scusa per commetterne di simili nel futuro. Se non altro perché, lo dimostra il cambiamento climatico, l’inquinamento e lo sfruttamento a perdere delle risorse naturali non sono qualcosa che si ferma alle frontiere tra gli Stati . L’interdipendenza dell’umanità non è mai stata così chiara come in questi anni drammatici che stiamo vivendo.

Un modello virtuoso dall’Indocina

Ecco perché l’atteggiamento del “piccolo” Laos, piccolo e povero, è una lezione importante per tutti . Uscito devastato dalla drammatica sequenza occupazione coloniale (francese) e guerra in Indocina - il Paese era attraversato per metà della sua estensione dal celebre sentiero di Ho Chi Minh e dunque bombardato quotidianamente dagli americani - chiuso al mondo e impegnato in uno sviluppo a tappe basato su piani quinquennali comuni a tutti i Paesi socialisti, per decenni è rimasto incastrato in un circolo vizioso a somma zero: riso per tutti, ma ricchezza per nessuno . Passato, dopo l’esempio della Cina Popolare, a un modello di “economia socialista di mercato”, il Laos si è via via aperto al mondo aprendo al turismo (una delle voci più importanti nell’era pre pandemia) e ai piccoli imprenditori che hanno cominciato a popolare le città di un embrione di borghesia manifatturiera . Un processo ancora in fieri, considerato che tradizionalmente, nella cultura laotiana, il commercio non è un’attività da perseguire: meglio, per questo popolo montanaro, badare a se stessi e casomai dedicarsi alla meditazione come insegnano le Scritture buddhiste.

Monaci laotiani sotto la pioggia, di cui possono cadere tre metri ogni anno

Comunque, piano piano, il livello di vita della popolazione - con le classiche differenze tra città e campagne - è migliorato anche se è presto per parlare di una “nuova tigre” asiatica. Turismo a parte, la ricchezza del Paese è ancora fondata sulle materie prime (dal legname allo stagno) e sui prodotti di un artigianato essenziale . Proprio per questo l’aver deciso, in partenza, di legare lo sviluppo (e gli aiuti internazionali) al rispetto dell’ambiente, puntando su un’economia circolare, non potrà che trasformarsi in un modello virtuoso per tutti, a partire dai Paesi vicini.